Una lettera business, inviata da un’azienda a un’altra azienda per richiedere un preventivo e verificare la possibilità di fare affari insieme. O almeno così sembra, visto che l’autore è riuscito a scrivere in un italiano davvero oscuro. Guardate qua.
Come risulta essere
C.A. Sig. Francioni
Siamo la società EXPERTA S.P.A., operiamo nel settore dell’outsourcing, dovendo di conseguenza gestire gli obblighi e gli oneri derivanti dalla L.626/94, vorremmo per scelte logistiche e per un’azione diretta di riscontro al fine di essere maggiormente efficienti, essere il più vicino possibile al luogo di operatività.
A tal proposito Le chiediamo, qualora fosse possibile, un preventivo con offerta dei costi riguardanti gli interventi da effettuarsi in base alle normative vigenti, sottolineando che noi pur essendo una società interinale operiamo nel lungo periodo.
A completamento di quanto sopra, l’eventuale costo di una presenza giornaliera sul luogo operativo nel caso di una visita ispettiva degli organi preposti al controllo e per le comunicazioni eventuali verso gli istituti sopra indicati.
I pagamenti verrebbero effettuati alla fine del mese previo fatturazione.
La nostra richiesta di collaborazione può essere in base a due esigenze, che possono essere assimilate oppure separate e prevedono il fondamentale fine di assisterci e se alcuni vostri clienti richiedessero di esternare la loro struttura produttiva sarà quantificata a Vs. favore una commissione.
Per ulteriori chiarimenti e dinformazioni potrà contattarCi richiedendo del rag. Merlanti.
In attesa di una Sua risposta, La ringraziamo per la cortese attenzione cogliendo l’occasione per salutarLa.
Distinti saluti.
Soc. Experta SPA
Resp. comm.le Rag. Merlanti
…ed è difficile dire come poteva essere!
Questa lettera è quasi un delirio. Tranne alcuni passaggi, non è chiarissimo cosa l’autore voglia dire, quindi evito una riscrittura. Segnalo soltanto, a beneficio di tutti quelli che ogni giorno scrivono lettere in azienda e mi chiedono consigli, gli errori principali.
Quali errori
La lettera è troppo lunga. Nell’originale conto 19 righe di testo e i paragrafi sono almeno sei. Il contenuto si poteva esprimere sicuramente con molte meno parole! Sarebbe bastato togliere alcune formule inutili o ridondanti (di conseguenza…qualora fosse possibile…a completamento…eventuali) per avere un primo risultato. Trovate qualche indicazione in merito nel paragrafo la lunghezza ideale.
Troppe subordinate, troppi incisi. Prendete il secondo paragrafo: A tal proposito Le chiediamo…qualora fosse…sottolineando che…noi pur essendo….operiamo. Per l’uso corretto delle subordinate e per la sintassi in generale, guarda la sezione Sintassi.
Troppe espressioni fumose, frasi inconsistenti. Una lettera in ambito aziendale deve essere concreta, portare dati, stringere subito sugli obiettivi. Che senso ha chiedere un preventivo sugli interventi da effettuarsi in base alle normative vigenti? Un preventivo si formula sulla base di richieste precise! E poi: che significa dire vorremmo…essere più vicini possibile al luogo di operatività? Quale luogo? Quello dell’azienda contattata (che dista 450 km da Milano) o quello dei loro clienti?
Troppe abbreviazioni soprattutto nell’apertura e nella firma. Rag., Soc., Resp. comm.le, C.A., Vs. favore, L.626… Per le abbreviazioni, leggi la sezione Niente singhiozzi e nome e indirizzo.
Le maiuscole in corpo di parola per i pronomi La, Le, Vi, Ci,o per i possessivi, esempio una Sua risposta… potrà contattarCi…salutarLa…eccetera. Ormai queste formule di presunta cortesia (scrivo Sua pensando di dare importanza all’interlocutore) sono cadute in disuso. Chi vuole scrivere con uno stile sicuro, per favore le eviti.
I saluti. La ringraziamo per la cortese attenzione cogliendo l’occasione per salutarLa. Ma come, cogliere l’occasione!? Stai chiudendo la lettera, è la prima volta che scrivi a questa persona…e cogli l’occasione? Per favore! E poi, a questa formula pomposa il nostro aggiunge: Distinti saluti. Ma quanti saluti… Per indicazioni su come concludere una lettera, leggi la conclusione.
E poi la solita domanda: ma perché così tante persone pensano di darsi un tono parlando e scrivendo in modo complicato? E’ quella che Italo Calvino, lucido osservatore della nostra lingua e geniale scrittore, chiamò l’antilingua. Ci torneremo sopra.